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23,2 milioni di occupati nel 2022, 91mila in meno dei livelli occupazionali del 2019: è questa la stima che si ricava da uno studio realizzato da Cerved per LHH, società del gruppo Adecco che si occupa di transizione di carriera.
Un’occasione epocale, di quelle che possono cambiare radicalmente il corso degli eventi, un’opportunità che potrà cambiare le prospettive delle organizzazioni che saranno in grado di coglierla, ma anche una responsabilità forse mai vista prima: il “new normal”, la ripresa delle attività dopo la pandemia, sarà tutte queste cose insieme.
Già nel 1999, quando la legge 68 fu approvata dal Parlamento, il legislatore scelse di modificare il cd. “collocamento obbligatorio” con “collocamento mirato”. Una variazione lessicale volta a sottolineare l’obiettivo della legge: promuovere le opportunità lavorative delle persone iscritte alla lista delle categorie protette.
Quali sono le caratteristiche che fanno di un manager un buon manager? A farsi la domanda (e a cercare le risposte) è stata The Great Place To Work® Italia, la società che da anni stila la classifica delle aziende in cui si lavora meglio.
I segnali di ripresa dell’economia che si affiancano ai timori per le nuove varianti del virus; l’occupazione che dà timidi segnali di risalita mentre si impone il dibattito sull’obbligatorietà del Green Pass nei posti di lavoro; le prospettive aperte dal PNRR e i dubbi su tempi e modi del rientro definitivo in ufficio: in questo settembre in cui si cerca di immaginare una nuova normalità fatta di convivenza con il Covid, in cui non ci sono certezze sull’evoluzione della pandemia e l’imperativo è quello di provare a far ripartire l’economia, il mondo del lavoro vive una situazione fatta di luci e ombre.
Tempo di ritorno in ufficio. O meglio, tempo di ritorno al lavoro, perché se c’è una certezza è che nell’era post Covid gli uffici non torneranno a essere popolati come prima della pandemia. L’enorme esperimento sociale, che è stato necessario approntare per limitare la diffusione della malattia, ha portato all’improvviso circa 6,5 milioni di italiani a lavorare a distanza.
Il Fondo monetario lo dice da tempo (e una ricerca dell’Harvard Business Review lo conferma): la reale parità uomo-donna sul posto di lavoro porterebbe a una crescita del 35% dell’economia mondiale: un obiettivo importante, ancora però molto lontano da raggiungere, anche nelle economie più evolute.
L’Istat l’ha misurata con un apposito report: la voglia degli italiani di andare in vacanza nella seconda estate dell’era Covid è più forte del timore della pandemia. Secondo una rilevazione effettuata nel mese di maggio, il 22,3% degli intervistati andrà certamente in vacanza, mentre il 27,8% ci andrà “probabilmente”.
Se proviamo a pensare al filo conduttore che ha caratterizzato gli ultimi 18 mesi, non c’è dubbio che sia stata l’incertezza. Incertezza per la pandemia, per la situazione economica, per quella lavorativa, per l’incapacità dei vecchi modelli di adeguarsi a un mondo in rapida evoluzione.
360mila nuove richieste di sussidio di disoccupazione in una settimana, 26mila in meno rispetto alla settimana precedente: se si tiene presente che nel pieno della pandemia si era arrivati a registrare 6,9 milioni di nuove richieste settimanali, è evidente come il mercato del lavoro americano sia già ritornato ai livelli pre-Covid.
L’Inps ha presentato nei giorni scorsi il suo annuale rapporto sull’andamento del mercato del lavoro, ancora più significativo quest’anno perché “misura” l’impatto effettivo del Covid sui lavoratori italiani. Ne emergono dati significativi, sia per quanto riguarda la perdita di posti di lavoro che in merito alla diminuzione del reddito.
In questo inizio d’estate, in cui ancora ci si interroga su come sarà il rientro post-vacanze e post-Covid (ritorno in presenza o prolungamento del ricorso massiccio al telelavoro?), un altro tema irrompe nel dibattito sull’organizzazione del lavoro. A dare il là è stato il governo spagnolo presieduto da Pedro Sanchez, che nel momento dell’approvazione della Finanziaria ha affermato di voler prendere in considerazione un emendamento proposto da una piccola formazione politica, Màs Paìs, che chiede di modificare l’orario di lavoro e di portarlo a 32 ore settimanali, quindi a 4 giorni lavorativi.