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250 candidature per ogni offerta di lavoro aperta: un numero in netto aumento, se si considera che, solo nel 2010, se ne registravano in media 120. Un dato che si traduce inevitabilmente in costi e in tempi di reclutamento piuttosto lunghi, quando invece, spesso, la tempestività nel coprire una posizione risulta essenziale per il business. Proprio per cercare di velocizzare i tempi di selezione è sempre più frequente l’impiego della tecnologia da parte delle aziende, in particolare di software progettati per evidenziare, fra i molti CV inviati, quelli maggiormente in linea con le competenze richieste.
Se ancora non ci sono certezze sulla road map che dovrebbe portare alla fine delle restrizioni imposte dal Covid, un punto fermo è stato fissato: il prossimo 31 marzo scade, e non sarà prorogato, lo stato di emergenza che ci accompagna dal marzo del 2020. Una decisione che avrà un impatto sostanziale sul mondo del lavoro: infatti, con la chiusura dello stato d’emergenza, viene meno anche la possibilità per le aziende di attivare il cosiddetto lavoro agile emergenziale, che nella prima fase del lockdown ha consentito a quasi 6 milioni di persone di lavorare da casa.
Andrea Malacrida, amministratore delegato di Adecco Italia, si è misurato con un compito a dir poco impegnativo: immaginare il lavoro di domani, quello che coinvolgerà le giovani generazioni, che sarà il risultato dell’innovazione tecnologica e della transizione ecologica. Lo ha fatto con un libro intitolato, appunto, "Immaginare il lavoro. Il mondo di ieri, le sfide di domani" (Marsilio editore, https://adeccogroup.it/immaginare-il-lavoro-libro/), che è stato presentato a Milano nei giorni scorsi.
Sette ore al giorno connessi alla rete, principalmente attraverso lo smartphone: considerando una media di 7/8 ore di sonno, il tempo passato sui device è il 42% di quello disponibile. Proprio perché il fenomeno è così diffuso e pervasivo, da qualche anno il 22 febbraio si celebra la Giornata della disconnessione, un’occasione per riflettere su questa nuova abitudine che incide pesantemente sia sulla vita personale che su quella professionale.
Solo pochi mesi fa il Parlamento italiano ha approvato, senza particolari difficoltà, la legge sulla parità salariale fra uomini e donne. Un intervento doveroso,dal momento che l’Italia registra un Gender Pay Gap del 43%, meglio solo di Austria e Paesi Bassi, e comunque distante dalla media europea del 36,7%. Questo indice non misura semplicemente la differenza tra salari orari medi, ma tiene conto del tasso di occupazione reale e della media delle ore lavorate, che penalizza le donne, le quali sono più spesso costrette a subire la formula del part-time.
1,2 milioni di possibili assunzioni nel trimestre gennaio/marzo: secondo l’ormai tradizionale Rapporto Excelsior-Unioncamere, l’occupazione italiana sta tornando a crescere. Lo confermano proprio i dati sull’occupazione, che a dicembre 2021 è tornata a toccare il 59%, riportandosi a livelli pre-Covid, con 540mila occupati in più, -184mila disoccupati e, soprattutto, -653mila inattivi, persone che quindi stanno ritornando attivamente a cercare lavoro.
L’idea è apparentemente controintuitiva, ma in qualche modo affascinante: e se la chiave per aumentare la produttività non fosse fare di più, ma al contrario, fare di meno? È questa la proposta/provocazione di Nick Wignall, uno psicologo clinico americano che ha lavorato molto su questi temi.
Sono più di 10 milioni in Italia, quasi due miliardi in tutto il mondo, e sono senza dubbio la generazione più influente in questo momento, quella destinata a soppiantare i mitici baby boomer nel mondo del lavoro. I cosiddetti Millennial, nati fra il 1981 e il 1996, così chiamati perché hanno vissuto il passaggio alla maggiore età e l’adolescenza a cavallo del 2000, sono la generazione più indagata e osservata. Si studiano i loro valori, le modalità di comportamento, le abitudini di acquisto, ma soprattutto il loro approccio al mondo del lavoro.
L’evoluzione era già in atto, ma la pandemia è stata il fattore scatenante: mai come in questo periodo si era infatti assistito alla nascita così massiccia di “vetrine digitali” che hanno prima sostituito e poi affiancato gli store tradizionali. Un processo che i gli esperti digital di Badenoch e Spring hanno guidato per molti marchi.
Milano, Trieste, Bolzano, Genova, Roma: nella geografia italiana delle retribuzioni sono questi i capoluoghi di provincia che registrano i valori più alti. È questa la classifica che emerge dal Geography Index elaborato dall’Osservatorio di Job Pricing in collaborazione con Spring Professional.
Se il secondo semestre del 2021 è stato all’insegna di The Great Resignation, ossia l’aumento inaspettato di dimissioni volontarie, quale sarà il trend emergente del 2022? L’avvento della variante Omicron con tutte le sue incertezze non ha lasciato molto spazio al tradizionale esercizio di previsione del futuro dei vari settori che di solito contraddistingue la fine dell’anno. Chi si è esercitato nelle previsioni ha colto però qualche segnale di cauto ottimismo.
Capita a tutti, in qualsiasi contesto lavorativo, di avere a che fare con colleghi che non hanno le caratteristiche o le capacità per affrontare il compito che gli è stato affidato, talvolta perché non c’è stata un’attenta valutazione delle competenze richieste per ricoprire il ruolo, a volte perché alle persone non è stata fornita la formazione necessaria. Qualunque sia la motivazione, l’incompetenza è un problema che si ripercuote a valanga sui colleghi, in termini di cose da correggere o da rifare, con un aggravio di compiti che non sempre è facile da gestire.